Riflessioni sulla gerarchia e il tradizionalismo: un monito al fascista contemporaneo
Julius Evola, durante il processo del 1951, presentò una difesa articolata per dimostrare che le sue idee non erano neofasciste. Evola sottolineò che le sue posizioni erano radicate in una tradizione superiore e anteriore al fascismo, basata su una concezione gerarchica, aristocratica e tradizionale dello Stato.
Evola si oppose al totalitarismo, criticando il "gerarchismo" fascista e difendendo l'idea di uno Stato organico e ben differenziato. Egli sostenne che il totalitarismo rappresentava una deviazione e un fallimento nel raggiungere un'unità politica virile e organica. Inoltre, Evola criticò il concetto di "Stato etico" di Giovanni Gentile, considerandolo una forma di tirannia.
Evola respinse anche ogni soluzione demagogico-dittatoriale, affermando che la vera autorità non poteva essere quella di un tribuno o capo-popolo, ma doveva poggiare su un principio spirituale e trascendente, attaccando la teoria della "socializzazione" promossa dal fascismo di Salò, vedendola come una forma di marxismo travestito e una tendenza demagogica.
Evola, insomma, cercò di dimostrare che le sue idee non erano neofasciste, ma piuttosto radicate in una tradizione più antica e spirituale, opponendosi al totalitarismo e alle soluzioni dittatoriali.
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Nondimeno, nel contesto delle odierne discussioni politiche e sociali, emerge talvolta una tendenza a richiamare ideali passati, difendendoli come componenti di un presunto ordine superiore e gerarchico che esisteva prima delle rivoluzioni sociali e politiche del XIX secolo. Questa visione idealizzata di un passato aristocratico e gerarchico dello Stato, mentre affascinante per alcuni, comporta rischi significativi e problematiche che devono essere analizzate con attenzione.
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Primo. Io mi oppongo al totalitarismo, ad esso contrapponendo l'ideale di uno Stato organico ben differenziato e considerando come una deviazione il «gerarchismo» fascista. In Orientamenti si legge che il totalitarismo rappresentò una direzione sbagliata e l'abortire dell'esigenza verso una unità politica virile ed organica. «Gerarchia non è gerarchismo un male, questo, che, purtroppo, in tono minore oggi cerca di ripullulare e la concezione organica non ha nulla a che fare con la sclerosi statolatrica e con una centralizzazione livellatrice». Ancor più estesamente ed energicamente ho preso posizione contro il totalitarismo in un articolo, che produco alla Corte, dal titolo Stato organico e totalitarismo uscito in Lotta Politica, organo ufficiale del M.S.I. La stessa tesi, portata sul piano della cultura, l'ho difesa nello scritto incriminato di Imperium (n. 2), ove, criticando le idee dello scrittore Steding, riconosco con lui che il male di cui soffre la cultura moderna è il suo particolarismo, dovuto alla paralisi di una idea centrale direttiva, ma mi oppongo alla soluzione totalitaria, nella quale non è un principio spirituale, sopraelevato e trascendente, ma la bruta volontà politica a voler tirannicamente asservire e unificare la cultura, del che il caso-limite si ha nel sovietismo.
Julius Evola fu influenzato da una vasta gamma di correnti filosofiche e tradizioni esoteriche. Ecco alcune delle principali influenze che hanno plasmato il suo pensiero:
Idealismo tedesco: Evola fu profondamente influenzato dall'idealismo tedesco, in particolare dalle opere di Friedrich Nietzsche e Johann Gottlieb Fichte. Questi filosofi contribuirono a formare la sua visione del mondo e la sua critica alla modernità.
Tradizionalismo integrale: Evola fu un grande sostenitore del tradizionalismo integrale, una corrente di pensiero che cerca di recuperare e preservare le tradizioni spirituali e culturali antiche. René Guénon, un altro importante esponente di questa corrente, ebbe un'influenza significativa su Evola.
Dottrine orientali: Evola studiò e incorporò nelle sue opere molte dottrine orientali, tra cui l'induismo, il buddhismo e il taoismo. Queste tradizioni spirituali contribuirono a formare la sua concezione di una saggezza atemporale e universale.
Esoterismo e occultismo: Evola fu anche influenzato da varie tradizioni esoteriche e occulte. La sua opera "Metafisica del sesso" esplora il significato trascendentale del sesso, allontanandosi dalle concezioni materialistiche per abbracciare una prospettiva più elevata e spirituale.
Rivoluzione conservatrice: Evola si identificò profondamente con la Weltanschauung della Rivoluzione conservatrice, un movimento intellettuale tedesco che cercava di opporsi alla modernità e di promuovere una visione del mondo basata su valori aristocratici e gerarchici.
Queste influenze contribuirono a formare la complessità e la profondità del pensiero di Evola, rendendolo una figura controversa ma influente nel panorama filosofico e politico del XX secolo.
La Rivoluzione conservatrice costituisce uno snodo significativo della storia tedesca ed europea del primo Novecento. Il volume indaga il modo, assai problematico e paradossale, in cui il movimento rivoluzionario-conservatore rimodula alcune istanze tradizionali della destra a partire dal confronto con l'avvento della civiltà della tecnica e con l'irruzione delle masse sulla scena politico-sociale. Tale prospettiva, contraddistinta da una ripresa anti-moderna della modernità, viene approfondita in relazione ai suoi principali interpreti, tra i quali E. Jünger, F.-G. Jünger, A. Moeller van den Bruck e O. Spengler, e in relazione a pensatori come A. Baeumler, T. Mann, C. Schmitt e M. Heidegger. La categoria mediante la quale ci si propone di gettare luce su questo complesso fenomeno è la ricezione del pensiero di Friedrich Nietzsche. Il volume rappresenta quindi un'ulteriore occasione di confronto con l'eredità nietzschiana, nonché una discussione circa la collocazione del movimento rivoluzionario-conservatore rispetto al nazionalsocialismo.
La ricezione del pensiero di Friedrich Nietzsche è stata una delle categorie principali attraverso cui il movimento rivoluzionario-conservatore ha sviluppato le sue idee. Nietzsche ha influenzato molti dei pensatori della Rivoluzione conservatrice con la sua critica alla modernità, la sua esaltazione della volontà di potenza e il suo concetto di "superuomo".
Il volume rappresenta quindi un'importante occasione di confronto con l'eredità nietzschiana e una discussione sulla collocazione del movimento rivoluzionario-conservatore rispetto al nazionalsocialismo. Questo movimento, pur avendo alcune sovrapposizioni con il nazionalsocialismo, aveva anche differenze significative, soprattutto per quanto riguarda la visione della modernità e della tecnologia.
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La Rivoluzione conservatrice è stata un movimento intellettuale e politico che ha avuto un impatto significativo sulla storia tedesca ed europea del primo Novecento. Questo movimento ha cercato di ripensare e rimodulare alcune istanze tradizionali della destra in risposta all'avvento della civiltà della tecnica e all'irruzione delle masse sulla scena politico-sociale. La Rivoluzione conservatrice si caratterizzava per una ripresa anti-moderna della modernità e ha coinvolto molti pensatori influenti.
Ecco alcuni dei principali interpreti del movimento e il loro contributo:
Ernst Jünger: Conosciuto per le sue opere sulla guerra e la tecnologia, Jünger esplorava il concetto di "lavoratore" e il ruolo dell'individuo nella società tecnologica moderna.
Friedrich Georg Jünger: Fratello di Ernst, ha scritto su temi simili, approfondendo la critica alla modernità e al progresso tecnico.
Arthur Moeller van den Bruck: Filosofo e storico, Moeller van den Bruck è noto per il suo libro "Il Terzo Reich", in cui propose una visione alternativa della politica tedesca basata su valori conservatori e nazionalisti.
Oswald Spengler: Autore di "Il tramonto dell'Occidente", Spengler ha sviluppato una visione ciclica della storia, sostenendo che le civiltà passano attraverso fasi di nascita, crescita e declino.
Alfred Baeumler: Filosofo e storico della filosofia, Baeumler ha interpretato il pensiero di Friedrich Nietzsche in chiave conservatrice e nazionalista.
Thomas Mann: Anche se non direttamente associato alla Rivoluzione conservatrice, Mann ha esplorato temi di decadenza culturale e modernità nelle sue opere letterarie.
Carl Schmitt: Giurista e teorico politico, Schmitt è noto per la sua teoria del decisionismo e per la sua critica alla democrazia liberale.
Martin Heidegger: Filosofo esistenzialista, Heidegger ha esplorato il concetto di "essere" e ha criticato la modernità e la tecnologia.
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La Rivoluzione conservatrice e il nazionalsocialismo, pur avendo alcune sovrapposizioni, presentano differenze significative in termini di ideologia, obiettivi e metodi. Ecco alcune delle principali differenze:
Origini e Contesto:
La Rivoluzione conservatrice è un movimento intellettuale e politico nato in Germania tra le due guerre mondiali. Comprendeva una serie di movimenti politico-culturali che si opponevano alla Repubblica di Weimar e al liberalismo democratico.
Il nazionalsocialismo, o nazismo, è un movimento politico fondato da Adolf Hitler e dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP). Ha preso il potere in Germania nel 1933 e ha instaurato un regime totalitario basato su ideologie razziste e antisemite.
Ideologia:
La Rivoluzione conservatrice si basava su una critica alla modernità, al liberalismo e alla democrazia parlamentare. Promuoveva una visione ciclica della storia e un ritorno ai valori tradizionali della vecchia Germania, come il prussianesimo e il pangermanismo.
Il nazionalsocialismo, invece, era caratterizzato da un'ideologia razzista e antisemita, che mirava alla creazione di una società ariana pura. Promuoveva il totalitarismo, il culto della personalità di Hitler e l'espansione territoriale attraverso la guerra.
Obiettivi:
La Rivoluzione conservatrice mirava a una rinascita culturale e spirituale della Germania, opponendosi alla decadenza della modernità e cercando di recuperare un ordine sociale basato su valori aristocratici e gerarchici.
Il nazionalsocialismo aveva obiettivi politici e militari concreti, come la conquista di Lebensraum (spazio vitale) per il popolo tedesco, l'eliminazione degli ebrei e di altre minoranze, e l'instaurazione di un regime totalitario.
Metodi:
La Rivoluzione conservatrice era principalmente un movimento intellettuale, che si esprimeva attraverso la letteratura, la filosofia e il dibattito culturale. I suoi esponenti includevano pensatori come Oswald Spengler, Ernst Jünger e Carl Schmitt.
Il nazionalsocialismo utilizzava metodi violenti e repressivi per raggiungere i suoi obiettivi. Il regime nazista instaurò un sistema di controllo totale sulla società, utilizzando la propaganda, la polizia segreta (Gestapo) e i campi di concentramento per eliminare gli oppositori e le minoranze.
In sintesi, mentre la Rivoluzione conservatrice era un movimento intellettuale e culturale che cercava di recuperare valori tradizionali e aristocratici, il nazionalsocialismo era un movimento politico totalitario basato su ideologie razziste e antisemite, con obiettivi concreti di espansione territoriale e eliminazione delle minoranze.
Secondo. Una concezione specificamente fascista fu quella del cosiddetto «Stato etico» del Gentile. Io l'avverso, con dure parole.
Terzo . Vi è chi ama dipingere il fascismo come una «bieca tirannide». Nel periodo di tale «tirannide» non mi è mai accaduto di subire una situazione come la presente. Comunque le cose, nel riguardo, stiano, la parola d'ordine che io riprendo da Tacito è: «La suprema nobiltà dei Capi non è di essere dei padroni di servi, ma dei signori che amano la libertà anche in coloro che ad essi obbediscono».
Quarto. Circa il problema della sovranità, io respingo ogni soluzione demagogico-dittatoriale. La vera autorità dico non può esser quella di «un tribuno o capo-popolo, detentore di semplice potere individuale informe, privo di ogni superiore crisma, poggiante invece sul prestigio precario esercitato sulle forze irrazionali delle masse». Nel cosiddetto «bonapartismo» vedo «una delle oscure apparizioni dello spengleriano tramonto dell'Occidente» e ricordo la frase di Carlyle circa «il mondo dei domestici che vuol esser governato da un pseudo-eroe».
Quinto. Io ho attaccato ripetutamente la teoria della «socializzazione » che, come si sa, fu una parola d'ordine del fascismo di Salò, al quale non ho aderito, in quanto dottrina (punti di Verona), pur approvando l'atteggiamento di coloro che combatterono al Nord per un principio di onore e di fedeltà. Nella socializzazione vedo un marxismo travestito, una tendenzialità demagogica. In effetti, la vera azione che io volevo esercitare sui giovani del gruppo Imperium e di altre correnti giovanili era nel senso di una contrapposizione a tendenzialità materialiste e di sinistra presenti nel M.S.I.
Sesto. La difesa dell'idea corporativa non dovrebbe costituire reato, dato che la si trova in partiti legali di oggi, p. es. il P.N.M. e il M.S.I., oltre che perfino in alcune correnti del cattolicesimo politico. Comunque, io faccio oggetto di critica certi aspetti, secondo cui il corporativismo fascista fu una semplice superstruttura burocratica che manteneva il dualismo classista; ad essi ho opposto una ricostruzione organica dell'economia all'interno stesso delle aziende.
Infine un cenno rapidissimo sulle tesi contenute negli articoli di Imperium (n. 1) e di La sfida. Nel primo si ricorda semplicemente quale era, nella romanità delle origini, il senso della parola «imperium»: come essa fosse sinonimo di «auctoritas» e di potere derivato da forze dall'altro. Affermo poi che la crisi del mondo politico moderno riflette la crisi di tale principio o potere, e dei valori eroici che vi si connettevano.
L'articolo di La sfida, firmato con lo pseudonimo Arthos riassunto in Orientamenti, si basa sul principio di Metternich: «Con la sovversione non si patteggia»... Né nell'uno, né nell'altro scritto si trovano riferimenti al fascismo né agli uomini di esso. Questo è tutto.
La nascita delle ideologie fasciste
Il fascismo, come ideologia e movimento politico, è emerso nel XX secolo in risposta a cambiamenti sociali, economici e politici senza precedenti. La sua promessa di ordine, disciplina e ritorno a una presunta purezza nazionale ha attratto molti, ma ha anche portato a innumerevoli atrocità, violenze e violazioni dei diritti umani. Difendere idee fasciste perché riconnesse a una tradizione gerarchica più antica non è solo pericoloso, ma può anche alimentare la legittimazione di forme di governo autoritarie e oppressive.
Tradizione e modernità: un equilibrio necessario
Le società moderne si basano su principi di uguaglianza, giustizia e inclusività, conquiste ottenute attraverso lunghi e difficili processi storici. Mentre è importante riconoscere e rispettare le tradizioni, è altrettanto cruciale adattarle e reinterpretarle alla luce dei valori contemporanei. La nostalgia per un'epoca aristocratica può sembrare attraente, ma non deve diventare una scusa per ignorare le necessità e i diritti degli individui in una società democratica.
Il pericolo dell'idealizzazione
Idealizzare un passato gerarchico significa ignorare le ingiustizie e le disuguaglianze che lo caratterizzavano. Le strutture aristocratiche e gerarchiche non erano necessariamente giuste o eque; spesso, esse mantenevano il potere nelle mani di pochi, escludendo gran parte della popolazione da opportunità e diritti fondamentali. Il pericolo di richiamarsi a tali strutture è che si rischia di perpetuare un sistema di disuguaglianza e oppressione.
Un appello alla ragione
Coloro che oggi difendono idee fasciste o neofasciste devono riflettere profondamente su cosa realmente significhi sostenere tali visioni. È essenziale comprendere che la promozione di un ordine gerarchico non equivale a garantire stabilità o giustizia. Al contrario, spesso porta a divisioni, conflitti e repressione.
La riflessione su tradizione e modernità deve essere bilanciata con un impegno verso i valori di uguaglianza, giustizia e diritti umani. Solo attraverso un'analisi critica e consapevole possiamo evitare di cadere nelle trappole dell'idealizzazione e costruire una società che onori il passato senza essere vincolata dai suoi errori.
IN ALTRE PAROLE..
Steve Bannon è una figura controversa e influente nella politica contemporanea, noto per il suo ruolo di stratega e consigliere di Donald Trump. La sua ascesa e caduta rapida riflettono la natura volatile della politica moderna e l'impatto delle ideologie estreme.
La connessione tra Bannon e la riflessione sulla Rivoluzione conservatrice e il nazionalsocialismo risiede nella sua capacità di manipolare e influenzare il discorso politico attraverso idee radicali e populiste. Steve Bannon ha promosso una visione del mondo che richiama alcuni elementi della Rivoluzione conservatrice, come la critica alla modernità e l'opposizione all'establishment politico. Tuttavia, il suo approccio è stato spesso caratterizzato da tattiche divisive e polarizzanti, simili a quelle utilizzate dai movimenti totalitari del passato.
Bannon ha cercato di costruire una rete globale di movimenti populisti e nazionalisti, sostenendo partiti di destra ed estrema destra in Europa e altrove. Questo tentativo di creare un'alleanza internazionale di forze conservatrici e nazionaliste può essere visto come un parallelo moderno alla Rivoluzione conservatrice, che cercava di opporsi alla modernità e di recuperare valori tradizionali.
Tuttavia, è importante notare che, mentre la Rivoluzione conservatrice era principalmente un movimento intellettuale e culturale, Bannon ha utilizzato metodi più diretti e spesso controversi per raggiungere i suoi obiettivi politici. La sua influenza su Trump e il suo ruolo nella promozione di ideologie populiste e nazionaliste hanno avuto un impatto significativo sulla politica contemporanea, ma hanno anche sollevato preoccupazioni riguardo alla polarizzazione e alla divisione sociale.
In sintesi, Steve Bannon rappresenta un esempio moderno di come le idee radicali e populiste possano influenzare il discorso politico e sociale, richiamando alcuni elementi della Rivoluzione conservatrice, ma utilizzando metodi e tattiche che riflettono le sfide e le complessità della politica contemporanea.
Ecco alcuni libri che potrebbero interessarti per approfondire il tema delle idee radicali e populiste e il loro impatto sul discorso politico e sociale:
"Contro la dittatura del presente" di Gustavo Zagrebelsky: Questo saggio esplora la crisi della democrazia contemporanea e l'importanza di un discorso sui fini.
"La maschera democratica dell'oligarchia" di Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky: Un dialogo che analizza come la democrazia moderna possa essere vista come una forma di oligarchia mascherata.
"Il disagio della libertà" di Corrado Augias: Un'analisi del perché agli italiani sembra piacere avere un padrone, con riferimenti al ventennio fascista e al quasi-ventennio berlusconiano.
"Democrazie populiste. Storia, teoria, politica" di Paolo Corsini: Questo libro esamina i percorsi storici del populismo e le sue diverse tipologie, nonché i suoi rapporti con la democrazia costituzionale-rappresentativa.
"Il cuore delle cose. Storia delle idee radicali" di David Tozzo: Un'analisi approfondita del radicalismo come antitesi del moderatismo e del politically correct.
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