La neutralità delle idee e la proiezione umana: tra idolatria, fanatismo e falsi assoluti

08.10.2024

L'idea che ogni concetto sia neutro fino a quando l'uomo non vi proietta le proprie passioni e follie è centrale. Questo suggerisce che le idee, in sé, non sono pericolose; è l'interpretazione e l'applicazione umana che le rende tali. La trasformazione delle idee in convinzioni assolute porta alla creazione di ideologie rigide e spesso violente.


Idolatria e falsi assoluti

L'uomo, per sua natura, tende a idolatrare e a trasformare i propri sogni e interessi in verità assolute. Questo processo di idolatria porta alla creazione di "falsi Assoluti", che dominano la storia umana. La storia, quindi, diventa una successione di illusioni e pretesti; "la storia non è che una sfilata di falsi Assoluti, una successione di templi innalzati a dei pretesti, un avvilimento dello spirito dinanzi all'Improbabile".



"In se stessa ogni idea è neutra, o dovrebbe esserlo; ma l'uomo la anima, vi proietta i propri ardori e le proprie follie; impura, trasformata in convinzione, essa si inserisce nel tempo, assume forma di evento: il passaggio dalla logica all'epilessia è compiuto... Nascono così le ideologie, le dottrine e le farse cruente. Idolatri per istinto, noi convertiamo in Incondizionato gli oggetti dei nostri sogni e dei nostri interessi. La storia non è che una sfilata di falsi Assoluti, una successione di templi innalzati a dei pretesti, un avvilimento dello spirito dinanzi all'Improbabile. Anche quando si allontana dalla religione, l'uomo vi rimane assoggettato; si affanna a creare simulacri di dèi, e si precipita poi ad adottarli: il suo bisogno di finzione, di mitologia, trionfa sull'evidenza e sul ridicolo. La sua capacità di adorazione è responsabile di tutti i suoi crimini: chi ama indebitamente un dio costringe gli altri ad amarlo, pronto a sterminarli se si rifiutano. Non c'è forma di intolleranza, di intransigenza ideologica o di proselitismo che non riveli il fondo bestiale dell'entusiasmo. Perda l'uomo la propria facoltà di indifferenza: diverrà virtualmente assassino; trasformi la sua idea in dio: le conseguenze saranno incalcolabili. Non si uccide se non in nome di un dio o delle sue contraffazioni: gli eccessi suscitati dalla dea Ragione, dall'idea di nazione, di classe o di razza sono affini a quelli dell'Inquisizione o della Riforma. Le epoche di fervore eccellono in imprese sanguinarie: santa Teresa non poteva che essere contemporanea degli autodafé, e Lutero dei massacri dei contadini. Nelle crisi mistiche, i gemiti delle vittime si accompagnano ai gemiti dell'estasi... Forche, galere, penitenziari prosperano solo all'ombra di una fede - di quel bisogno di credere che ha infestato per sempre lo spirito. Il diavolo appare assai scialbo rispetto a colui che dispone di una verità, della sua verità. Noi siamo ingiusti nei confronti dei Neroni e dei Tiberi: essi non inventarono il concetto di eretico: furono soltanto sognatori degenerati che si divertivano con i massacri. I veri criminali sono coloro che instaurano un'ortodossia sul piano religioso o politico, che distinguono tra il fedele e lo scismatico".


La creazione di simulacri e il bisogno di fede

Anche quando si allontana dalla religione tradizionale, l'uomo continua a creare simulacri di dèi, dimostrando un bisogno intrinseco di credere in qualcosa. Questo bisogno di finzione e mitologia porta alla creazione di nuove ideologie e dottrine, che spesso diventano altrettanto oppressive quanto le religioni da cui si sono distaccate.



"Quando ci si rifiuta di ammettere l'intercambiabilità delle idee, scorre il sangue. Sotto le risoluzioni ferme si leva un pugnale. Gli occhi ardenti preannunciano l'assassinio. Lo spirito esitante, preso da amletismo, non è mai stato dannoso: il principio del male sta nella tensione della volontà, nell'inattitudine al quietismo, nella megalomania prometeica di una razza che scoppia di ideale, che esplode sotto le proprie convinzioni e che, per essersi compiaciuta di irridere il dubbio e la pigrizia - vizi più nobili di tutte le sue virtù - ha imboccato una via di perdizione: la via della storia, miscuglio indecente di banalità e di apocalisse. Le certezze vi abbondano: sopprimetele, sopprimete soprattutto le loro conseguenze, e ricostruirete il paradiso. Che cos'è la Caduta se non la ricerca di una verità e la sicurezza di averla trovata, se non la passione per un dogma, l'insediamento in un dogma? Da ciò deriva il fanatismo, tara capitale che dà all'uomo il gusto dell'efficacia, della profezia, del terrore - lebbra lirica con la quale egli contamina gli animi, li sottomette, li stritola o li esalta. Vi si sottraggono solo gli scettici (o i fannulloni e gli esteti), perché non propongono nulla, perché - veri benefattori dell'umanità - ne distruggono i partiti presi e ne analizzano il delirio. Io mi sento più al sicuro accanto a un Pirrone che a un san Paolo, per il motivo che una saggezza arguta è più mite di una santità scatenata. In uno spirito ardente si ritrova mascherato il predatore. Non ci si difenderà mai abbastanza dalle grinfie di un profeta. Allontanatevi da lui se alza la voce, fosse pure in nome del cielo, della città o di altri pretesti: satiro della vostra solitudine, egli non vi perdona di vivere al di qua delle sue verità e dei suoi slanci; la sua isteria, il suo bene, vuole farveli condividere, imporveli e snaturarvi. Un essere che sia posseduto da una convinzione e non cerchi di comunicarla agli altri è un fenomeno estraneo alla terra, dove l'ossessione della salvezza rende la vita irrespirabile. Guardatevi attorno: dappertutto larve che predicano; ogni istituzione riflette una missione; i municipi hanno il loro assoluto non meno dei templi; l'amministrazione, con i suoi regolamenti - metafisica a uso delle scimmie... Tutti si sforzano di correggere la vita di tutti: vi aspirano i mendicanti, e perfino gli incurabili: i marciapiedi del mondo e gli ospedali traboccano di riformatori. La voglia di diventare fonte di avvenimenti agisce su ognuno come un disordine mentale o come una maledizione voluta. La società - un inferno di salvatori! Quello che vi cercava Diogene con la sua lanterna era un indifferente..
Mi basta sentire qualcuno parlare sinceramente di ideale, di avvenire, di filosofia, sentirlo dire «noi» con tono risoluto, invocare gli «altri» e ritenersene l'interprete - perché io lo consideri mio nemico. Scorgo in lui un tiranno mancato, un carnefice approssimativo, detestabile quanto i tiranni e i carnefici di gran classe. Il fatto è che ogni fede esercita una forma di terrore, tanto più spaventosa quando ne sono fautori i «puri». Si diffida dei furbi, delle canaglie, dei cialtroni; tuttavia non si può imputar loro nessuna delle grandi convulsioni della storia; non credendo in nulla, essi non frugano nei vostri cuori, e neanche nei vostri pensieri riposti; vi abbandonano alla vostra indifferenza, alla vostra disperazione o alla vostra inutilità; l'umanità deve loro i pochi momenti di prosperità che ha conosciuto: sono loro a salvare i popoli che i fanatici torturano e gli «idealisti» rovinano. Privi di dottrina, essi hanno soltanto capricci e interessi, vizi accomodanti, mille volte più sopportabili delle devastazioni provocate dal dispotismo che sbandiera principi: giacché tutti i mali della vita derivano da una «concezione della vita». Un uomo politico perfetto dovrebbe studiare a fondo i sofisti antichi e prendere lezioni di canto - e di corruzione. Il fanatico, invece, è incorruttibile: se per un'idea è capace di uccidere, allo stesso modo può farsi uccidere per essa; in entrambi i casi, sia egli tiranno o martire, è un mostro. Non esistono esseri più pericolosi di quelli che hanno sofferto per una convinzione: i grandi persecutori si reclutano tra i martiri ai quali non è stata tagliata la testa. Lungi dal diminuire la brama di potenza, la sofferenza la esaspera; perciò lo spirito si sente più a suo agio in compagnia di un fanfarone che in quella di un martire; e niente gli ripugna quanto lo spettacolo in cui qualcuno muoia per un'idea, disgustato dal sublime e dalla carneficina, esso sogna una noia di provincia su scala universale, una Storia il cui ristagno sia tale che il dubbio vi si profili come un evento e la speranza come una calamità".


Intolleranza e fanatismo

Il testo sottolinea come l'intolleranza e il fanatismo nascano dalla trasformazione delle idee in dogmi. Quando un'idea diventa un dio, le conseguenze possono essere devastanti. La storia è piena di esempi di violenza e oppressione causate da ideologie politiche e religiose trasformate in verità assolute.

La critica alla volontà e alla megalomania prometeica

L'autore critica la "tensione della volontà" e la "megalomania prometeica" dell'uomo, che lo portano a cercare e imporre verità assolute. Questa ricerca di certezze e dogmi è vista come la causa principale del male nella storia umana. La via della storia è descritta come un "miscuglio indecente di banalità e di apocalisse", dove le certezze abbondano e portano a conseguenze disastrose.

L'importanza dello scetticismo

Infine, il testo elogia lo scetticismo come antidoto al fanatismo. Gli scettici, che non propongono nulla e distruggono i partiti presi, sono visti come i veri benefattori dell'umanità. La saggezza arguta e la capacità di dubitare sono presentate come virtù superiori alla santità scatenata e all'entusiasmo fanatico.
Il testo offre una riflessione profonda e critica sulla natura umana e sulla storia delle idee. Sottolinea i pericoli del fanatismo e delle ideologie assolute, proponendo lo scetticismo e la capacità di dubitare come vie per evitare le tragedie del passato. In un mondo dove le certezze abbondano, la capacità di mettere in discussione le proprie convinzioni è vista come una forma di saggezza e di salvezza.


Diversi filosofi hanno esplorato il tema del fanatismo, analizzandone le cause, le manifestazioni e le conseguenze. Ecco alcuni dei più rilevanti:

Voltaire

Voltaire ha trattato il fanatismo nel suo "Dizionario Filosofico", descrivendolo come una forma di delirio che può portare l'uomo a compiere atti estremi, come omicidi e massacri. Secondo Voltaire, il fanatismo è una malattia dell'anima che può essere curata solo attraverso la filosofia e la riflessione razionale.

Immanuel Kant

Kant ha discusso il fanatismo nel contesto della sua filosofia morale e politica. Egli vedeva il fanatismo come una confusione tra idee regolatrici e progetti costituenti, che porta a un'adesione cieca e irrazionale a determinati ideali. Per Kant, il fanatismo è pericoloso perché trasforma le idee in dogmi assoluti.

Friedrich Nietzsche

Nietzsche ha criticato il fanatismo come una manifestazione della volontà di potenza e della megalomania umana. Egli vedeva il fanatismo come un sintomo della decadenza culturale e della perdita di valori autentici. Nietzsche ha sottolineato come il fanatismo nasca dalla debolezza e dalla paura, portando a una cieca adesione a ideologie e credenze.

Hannah Arendt

Arendt ha esplorato il fanatismo nel contesto dei totalitarismi del XX secolo. Nel suo libro "Le origini del totalitarismo", ha analizzato come il fanatismo ideologico possa portare alla distruzione della libertà e alla creazione di regimi oppressivi. Arendt ha evidenziato come il fanatismo sia alimentato dalla propaganda e dalla manipolazione delle masse.

Amos Oz

Amos Oz, sebbene non un filosofo in senso stretto, ha scritto ampiamente sul fanatismo nel suo libro "Contro il fanatismo". Oz ha analizzato il fanatismo come una malattia sociale e psicologica, proponendo il dialogo e la comprensione reciproca come antidoti. Ha sottolineato l'importanza di riconoscere e combattere il fanatismo in tutte le sue forme.

Questi filosofi, attraverso le loro opere, ci offrono strumenti preziosi per comprendere e affrontare il fanatismo, evidenziando la necessità di un pensiero critico e di una riflessione profonda sulle nostre convinzioni e ideologie.


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