Nel XV secolo, Roma fu teatro di una scoperta tanto affascinante quanto misteriosa: la tomba di Tullia, figlia dell'oratore romano Marco Tullio Cicerone. La leggenda narra che, durante alcuni scavi lungo la Via Appia, gli operai trovarono una sepoltura che conteneva un corpo perfettamente conservato, come se fosse stato tumulato da poco, e una...
Il fascino del cielo: un vincolo antico e ammaliante
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Il cielo, come un magnete celeste, ha sempre attirato lo sguardo dell'uomo, affascinando tanto i filosofi quanto i pastori, i teologi quanto i contadini. Sia esso azzurro e sereno o tempestoso e minaccioso, il cielo non ha mai smesso di incantare e di suscitare un desiderio inesauribile di conoscenza. In ogni epoca e in ogni luogo, gli occhi umani sono stati attratti e ammaliati da quel vasto e misterioso firmamento, unendo incanto e riflessione in un abbraccio senza tempo.
L'astrologia e l'astronomia testimoniano questo legame profondo tra l'uomo e il cielo, ma è nelle esperienze quotidiane di ciascuno di noi che possiamo cogliere la vera essenza di questa connessione. Quante volte, rapiti dalla luce delle stelle o dal movimento delle nuvole, abbiamo dimenticato i nostri pensieri e ci siamo lasciati cullare dallo "splendore dell'inconoscibile"? Guardando oltre l'orizzonte, abbiamo sentito un richiamo lontano, un'intuizione che ci avverte della nostra coappartenenza al cielo.
Ma cosa c'è davvero oltre quella porta chiusa che separa il mondo visibile da quello invisibile? L'antropologia ci insegna che vedere è un atto di scoperta, un viaggio attraverso l'invisibile per svelare la bellezza nascosta. Oltrepassare quella porta significa immergersi in un universo di simboli e archetipi, dove il dolore si trasforma in vita e la vita scorre come un fiume senza fine.
Per esplorare questa "foresta cosmica" – sia essa psichica o siderale – è essenziale procedere per via analogica, avanzando più per intuizioni che per deduzioni. Come in un sogno, dobbiamo lasciare che la nostra mente si apra all'infinito, abbandonando la logica rigida per abbracciare la fluidità del pensiero onirico. Solo così possiamo sperare di cogliere la vera bellezza che si nasconde oltre la porta chiusa.
La vita, come il cielo, è un flusso incessante. Ogni momento è una stella che brilla per un attimo e poi scompare, lasciando una traccia luminosa nella nostra memoria. Ogni esperienza, ogni emozione, ogni pensiero è un frammento di quel vasto universo che è la nostra esistenza. E l'antropologia, con la sua capacità di vedere oltre le apparenze, ci invita a esplorare questo universo con occhi nuovi, cercando di comprendere le radici profonde che governano il legame tra l'occhio umano e il cielo.
In questo viaggio onirico e filosofico, scopriamo che la vera bellezza non è qualcosa di esterno, ma una rivelazione interiore. È il dolore trasformato in vita, la vita che scorre come un fiume infinito. È la capacità di vedere oltre le apparenze, di cogliere l'essenza nascosta delle cose. È l'intuizione profonda che ci collega al cielo, che ci ricorda che siamo parte di un tutto più grande e meraviglioso.
Così, alzando lo sguardo verso il cielo stellato, possiamo lasciarci ammaliare dalla sua bellezza senza tempo, immergerci nel suo mistero e lasciarci guidare dalle nostre intuizioni più profonde. Perché il cielo, come la vita, è un viaggio infinito, e noi siamo i suoi sognatori, esploratori dell'inconoscibile e ammiratori dello splendore nascosto.
Avvicinarsi al cielo in modo simbolico significa interagire con il mondo e il cosmo, cogliendone le porosità di senso e le permeabilità di significati. Vuol dire abilitare la ragione a riconoscere nei nessi analogici e para-logici le premesse della conoscenza. Significa predisporci a farci attraversare dal "magnetismo psico-emozionale e psico-immaginativo" che risveglia l'incontro celeste.
Questo contatto avviene al limite, sulla soglia tra conscio e inconscio, tra razionale e irrazionale, tra luce e tenebra, tra canto e silenzio, tra seduzione e incanto. Implica aprirsi al movimento dei contrari, al gioco di specchi, alle capriole e ai ribaltamenti di senso, alle dissonanze e alle concordanze, alle inversioni e alle torsioni, alla moltitudine di voci e alle giostre di significati in perenne rotazione attorno all'asse del medesimo significante.
In questo viaggio simbolico, lo sguardo si trasforma in un viaggiatore che esplora mondi invisibili, collegando il vasto universo celeste con l'intimo universo dell'anima. È un invito a scoprire la bellezza nascosta oltre la porta chiusa del nostro sguardo interiore, a riconoscere l'unità nella complessità.
Il cielo e l'anima: un viaggio filosofico tra visibile e invisibile
Immaginate uno sguardo che si apre all'immaginazione, capace di abbracciare sia il visibile che l'invisibile, il ponderabile e l'imponderabile. Solo un tale sguardo può viaggiare nello spazio siderale, dialogando con l'universo intimo e segreto di ogni uomo. Questo viaggio richiede un approccio simbolico, l'unico in grado di penetrare l'enigmatico intreccio tra psiche e astri.
L'approccio simbolico non segue le autostrade rettilinee e simmetriche dei sillogismi e delle corrispondenze biunivoche. Questi percorsi logici inibirebbero la "magnifica tensione" che prelude ogni corrispondenza simbolica tra l'occhio umano e il cielo. Invece, ci invita a vedere oltre le apparenze, a percepire le forze opache e scintillanti che sfuggono a uno sguardo puramente descrittivo.
Il cielo, come la vita stessa, è un viaggio infinito. Ogni stella che brilla, ogni nuvola che passa, ogni emozione che proviamo sono frammenti di un tutto più grande e meraviglioso. L'antropologia, con la sua capacità di vedere oltre le apparenze, ci invita a esplorare questo universo con occhi nuovi, cercando di comprendere le radici profonde che governano il legame tra l'occhio umano e il cielo.
Questo approccio simbolico ci porta a una nuova consapevolezza, a una nuova forma di bellezza che emerge dall'unione tra il visibile e l'invisibile. È il dolore trasformato in vita, la vita che scorre come un fiume senza fine. È l'intuizione che ci connette al cielo, ricordandoci che siamo parte di un tutto più grande e misterioso.
Alzando lo sguardo verso il cielo, possiamo lasciarci ammaliare dalla sua bellezza senza tempo, immergerci nel suo mistero e lasciarci guidare dalle nostre intuizioni più profonde. Perché il cielo, come la vita, è un viaggio infinito, e noi siamo i suoi sognatori, esploratori dell'inconoscibile e ammiratori dello splendore nascosto.
PROMOZIONALE CULTURALE
I sogni e le contraddizioni dell'esplorazione spaziale in un libro-inchiesta che ci porta dall'India al Kazakistan, sulle orme degli astronauti del passato.
Giordano Bruno, Galileo, Huygens: è dalle loro storie che comincia il viaggio cosmico di Frank Westerman. Ogni volta che uno scienziato ha puntato il suo telescopio verso il cielo, l'universo si è allargato e gli esseri umani si sono scoperti più piccoli.
Se non siamo al centro dell'universo, chi siamo?
Una domanda che porta l'autore ai quattro angoli del globo, sulle tracce di chi il cosmo lo ha studiato o visitato di persona: in India, patria di un programma spaziale avveniristico, in Kazakistan, da cui partirono gli Sputnik, per poi tornare nei Paesi Bassi, dove per la prima volta è stato fotografato un buco nero. Con il conforto della scienza, l'umanità che oggi si affaccia sullo spazio parla di cooperazione e pace: così la stazione spaziale internazionale ha ospitato astronauti da tutto il mondo, e con le sonde Voyager è stato mandato nel cosmo un disco con la musica di Mozart, nella speranza che un alieno sia in grado di ascoltare, un giorno, di cosa siamo capaci. Eppure, quando l'uomo mosse i primi passi fuori dall'orbita terrestre, in piena Guerra fredda, il nostro piccolo pianeta era sull'orlo dell'armageddon nucleare, e nei Paesi Bassi uno dei radiotelescopi più potenti del mondo sorge sulle macerie di un campo di prigionia nazista.
Dobbiamo aspettarci che presto ogni nazione rivendichi per sé un pezzetto di cielo?
Con un fiuto infallibile che dalle storie più piccole lo porta a interrogarsi sui grandi temi del presente, Frank Westerman esplora i sogni e le contraddizioni della cosmonautica, cercando di capire se è vero che tra le stelle vorremmo trovare un mondo migliore, ma soprattutto se saremo in grado di costruirlo.
Federico Faggin, il padre del microprocessore e uno dei pionieri dell'intelligenza artificiale, crede che l'intelligenza artificiale (IA) non potrà mai superare l'uomo per una ragione fondamentale: la coscienza umana. Secondo Faggin, la coscienza, il libero arbitrio, il dubbio e i sentimenti sono qualità che non possono essere replicate da una...