Nel XV secolo, Roma fu teatro di una scoperta tanto affascinante quanto misteriosa: la tomba di Tullia, figlia dell'oratore romano Marco Tullio Cicerone. La leggenda narra che, durante alcuni scavi lungo la Via Appia, gli operai trovarono una sepoltura che conteneva un corpo perfettamente conservato, come se fosse stato tumulato da poco, e una...
Attraversare i muri: L'autobiografia di Marina Abramović
"Attraversare i muri" è l'autobiografia di Marina Abramović, scritta in collaborazione con James Kaplan e tradotta in italiano da Alberto Pezzotta. Pubblicato da Bompiani nel 2016, questo libro offre uno sguardo intimo e potente sulla vita e sull'arte di una delle figure più iconiche e controverse dell'arte contemporanea.
Un'infanzia di estremi
La narrazione inizia con l'infanzia difficile di Abramović, cresciuta in una famiglia severa e disciplinata. I suoi genitori, eroi di guerra e membri di rilievo del Partito, erano ossessionati dal coraggio e dalla determinazione. Questo rigore estremo si manifestava in metodi educativi duri, come quando il padre la gettò in acqua per insegnarle a nuotare, e la madre la svegliava urlando, se dormiva scompigliando le coperte. Queste esperienze formative, per quanto traumatiche, hanno contribuito a forgiare la resilienza e la forza di Marina. Lei stessa riconosce che il suo successo è in parte dovuto a queste regole umilianti e alle pene fisiche subite, che l'hanno preparata a tollerare il dolore e a superare i limiti.
Attraversare il dolore
Uno degli aspetti più affascinanti del libro è la descrizione di come Marina Abramović abbia trasformato il dolore fisico ed emotivo in una fonte di energia creativa. Nelle sue lunghe frequentazioni dello sciamanesimo e delle filosofie orientali, ha imparato che il dolore può essere un muro che, una volta attraversato, porta a un diverso stato di consapevolezza e a una nuova fonte di energia illimitata. Le sue performance, che spesso sfidano i limiti della resistenza fisica e mentale, sono un modo per esplorare e superare queste barriere. Il pubblico gioca un ruolo cruciale in questo processo, fornendo la forza e il sostegno necessari per spingersi oltre i propri limiti.
L'imperativo a svettare
Un tema ricorrente nella vita di Abramović è l'imperativo a svettare, a dimostrare costantemente il proprio valore. Questa pressione incessante ha avuto un prezzo elevato, portandola a una solitudine profonda e a relazioni difficili. La sua dedizione ossessiva al lavoro e la ricerca continua di approvazione e amore, che non ha ricevuto nell'infanzia, hanno reso difficile mantenere relazioni sentimentali stabili. Nel libro, Marina riflette anche sull'importanza di liberarsi del passato e di essere sinceri con se stessi. Alla soglia dei 70 anni, sente la necessità di fare i conti con i suoi ricordi, riconoscendo la vulnerabilità e l'insicurezza che si celano dietro l'immagine pubblica di una guerriera invincibile.
"Attraversare i muri" è un'autobiografia potente e toccante che offre una visione profonda dell'animo di Marina Abramović. La sua storia di resilienza, trasformazione e auto-esplorazione è un invito a riflettere sul potere dell'arte come mezzo per superare le barriere e scoprire nuove fonti di energia e consapevolezza.
Il libro non è solo una testimonianza della sua vita e carriera, ma anche un'opera che ispira a guardare oltre le apparenze e a riconoscere il valore delle esperienze, per quanto dolorose possano essere. Marina Abramović ci mostra, attraverso la determinazione e il coraggio, che è possibile attraversare i muri più difficili e trovare una nuova libertà interiore.
Ecco alcuni cenni biografici su Marina Abramović:
Marina Abramović è nata il 30 novembre 1946 a Belgrado, in Jugoslavia (oggi Serbia). È una delle figure più iconiche dell'arte contemporanea, nota soprattutto per le sue performance che esplorano i limiti fisici e mentali del corpo umano.
Primi anni e formazione
Marina Abramović è cresciuta in una famiglia di ex partigiani della seconda guerra mondiale. Suo padre, Vojin Abramović, era un comandante riconosciuto, mentre sua madre, Danica Rosić, era maggiore dell'esercito e successivamente direttrice del Museo della Rivoluzione e Arte a Belgrado. Ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Belgrado e successivamente all'Accademia di Belle Arti di Zagabria, in Croazia.
Carriera artistica
Nel 1973, Marina Abramović iniziò a creare performance che utilizzavano il suo corpo come soggetto e mezzo artistico. Alcune delle sue opere più note includono Rhythm 10 (1973), in cui lei stessa ha colpito ripetutamente le sue dita con un coltello*, e Rhythm 0 (1974), in cui ha permesso al pubblico di usare 72 oggetti su di lei, tra cui una pistola effettivamente carica. Rhythm 10 è una delle performance più iconiche di Marina Abramović, eseguita per la prima volta nel 1973 a Edimburgo. Questa performance fa parte della serie "Rhythm" che include appunto anche altre opere come Rhythm 0 e Rhythm 5.
Nel 1976, si trasferì ad Amsterdam e iniziò a collaborare con l'artista tedesco Ulay. La loro relazione artistica e personale durò fino al 1988. Nel 1997, Abramović vinse il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia con l'opera Balkan Baroque.
Marina Abramović Institute
Nel 2007, Abramović fondò il Marina Abramović Institute (MAI), una fondazione senza scopo di lucro dedicata all'arte della performance. Continua a essere attiva nel mondo dell'arte, esplorando nuove frontiere e ispirando artisti di tutto il mondo.
Riconoscimenti
Abramović è spesso definita la "nonna della performance art" per il suo ruolo pionieristico nel campo. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi per il suo lavoro, tra cui il premio alla carriera dalla Fondazione Pistoletto e il premio alla carriera dalla Fondazione Prada.
* Nel corso di un'ora, Abramović ha posizionato la mano sinistra con le dita distese su un grande foglio di carta bianca. Ha poi preso uno dei dieci coltelli disposti di fronte a lei e ha iniziato a colpire rapidamente gli spazi tra le dita. Ogni volta che ha accidentalmente tagliato la pelle, ha preso un coltello diverso e ha continuato l'azione. L'obiettivo di Rhythm 10 era esplorare i limiti fisici e mentali del corpo umano, oltre a esaminare la consapevolezza dello stato di performance. Abramović ha cercato di replicare esattamente i movimenti e le ferite che aveva inflitto la prima volta, utilizzando ogni coltello due volte. Questa performance ha messo in luce il dolore fisico e il suono delle ferite, creando un legame tra passato e presente. Rhythm 10 ha segnato l'inizio della carriera di Abramović come artista di performance e ha stabilito il tono per le sue opere future. La performance ha dimostrato il suo impegno totale e la sua serietà nell'arte, oltre a esplorare il tema della morte e della vita come parte integrante dell'arte.
Federico Faggin, il padre del microprocessore e uno dei pionieri dell'intelligenza artificiale, crede che l'intelligenza artificiale (IA) non potrà mai superare l'uomo per una ragione fondamentale: la coscienza umana. Secondo Faggin, la coscienza, il libero arbitrio, il dubbio e i sentimenti sono qualità che non possono essere replicate da una...