Apriti alla vita: la lezione di Gesù sulla paura della morte

27.11.2024

La riflessione di Massimo Recalcati sulla paura della morte offre uno spunto profondo per esplorare come questa paura possa diventare una catena che limita la nostra capacità di vivere pienamente. Come sottolinea Massimo Recalcati, una delle parole più convincenti dei Vangeli è "effatà", che significa "Apriti". Questo termine, pronunciato nel rito del battesimo, rappresenta un invito a superare le paure e ad abbracciare la vita in tutte le sue sfaccettature.

"La paura della morte è una catena. È qualcosa che impedisce alla vita di aprirsi ala vita. Ecco perché sottolineo nel mio libro che una delle parole piu' convincenti dei Vangeli è "effatà". Effatà è la parola che il sacerdote ancora oggi pronuncia nel rito del battesimo quando segna col segno della croce la bocca e le orecchie del bambino. Effatà significa "Apriti". Se dovessimo trovare una parola che riassume il magistero di Gesù è "Apriti". Apriti alla vita, alla bellezza della vita, alla contingenza illimitata, allo splendore della vita. Questo mi convince, per questo mi dico cristiano. Trovo convincente che l'essere umano teme la vita e che il compito della parola di Gesù sia liberare l'umano da questa paura". Massimo Recalcati



La paura della morte come catena

La paura della morte è una delle ansie più radicate nell'essere umano. Essa ci impedisce di vivere in modo autentico, costringendoci a limitarci e a proteggerci costantemente. Questa paura può manifestarsi in molte forme: paura dell'ignoto, timore della perdita e ansia per il futuro. Ma, come suggerisce Massimo Recalcati, è essenziale riconoscere questa paura e lavorare per liberarsene, per permettere alla vita di aprirsi alla vita stessa.

Effatà: un invito alla liberazione

Nel rito del battesimo, il sacerdote pronuncia la parola "effatà" mentre segna con il segno della croce la bocca e le orecchie del bambino. Questo gesto simbolico rappresenta molto più di un semplice rito religioso; è un invito a vivere in modo aperto e senza paura. "Effatà" significa "Apriti", ed è un comando che riassume il magistero di Gesù: aprirsi alla vita, alla bellezza, alla contingenza illimitata e allo splendore dell'esistenza.

La versione di Recalcati

Massimo Recalcati trova convincente l'idea che l'essere umano teme la vita e che il compito della parola di Gesù sia quello di liberare l'umano da questa paura. Questa visione risuona profondamente con molte tradizioni spirituali e filosofiche che vedono nella paura della morte un ostacolo alla realizzazione personale e alla pienezza della vita. La parola di Gesù, secondo Recalcati, è un invito costante a superare questa paura e a vivere con pienezza e autenticità.

Interpretazioni filosofiche e teologiche

Carl Jung ha parlato dell'importanza dell'individuazione e della necessità di comprendere come gli altri ci percepiscono come parte del nostro processo di auto-realizzazione. Michel Foucault, con il suo concetto di sorveglianza, ha esaminato come il controllo sociale e la visibilità possano influenzare il comportamento umano. Søren Kierkegaard ha esplorato l'angoscia dell'esistenza e la nostra ricerca di significato attraverso l'interazione con gli altri.

Questi pensatori hanno contribuito a una comprensione più profonda delle dinamiche della paura e del desiderio umano di liberazione. La loro opera, insieme alla riflessione di Recalcati, ci invita a considerare la paura della morte non solo come un ostacolo, ma come una sfida da affrontare e superare per vivere una vita piena e significativa.

Il significato di "Effatà" nella vita contemporanea

Nel contesto contemporaneo, il messaggio di "effatà" è più rilevante che mai. Viviamo in un'epoca di incertezze, dove la paura della morte può essere amplificata da crisi globali, malattie e instabilità economica. In questo contesto, l'invito di Gesù ad aprirsi alla vita diventa un messaggio di speranza e di resistenza.

Il messaggio di "effatà" racchiude un invito potente e liberatorio: aprirsi alla vita e superare la paura della morte. Questa parola, radicata negli insegnamenti di Gesù, ci offre una via per vivere con pienezza, autenticità e gioia. Riconoscendo la paura della morte come una parte naturale dell'esperienza umana, possiamo abbracciare la vita in tutte le sue dimensioni e trovare una libertà profonda e duratura.

La letteratura e la filosofia ci mostrano che questo impulso non è solo una peculiarità dei tempi moderni, ma una parte intrinseca della condizione umana. Comprendere queste dinamiche ci permette di navigare il mondo con una consapevolezza più profonda, riconoscendo che, dietro ogni paura, vi è una ricerca eterna di appartenenza e significato.


Durante l'ultima intervista integrale di Corrado Augias a Massimo Recalcati nella scorsa puntata de "La torre di Babele", Recalcati ha parlato del suo libro "La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi", esplorando come le radici bibliche possano influenzare la psicoanalisi moderna. Ha sottolineato l'importanza di comprendere il desiderio come una forza centrale nella vita umana e come la parola di Gesù possa liberare l'essere umano dalle paure e dalle limitazioni. Non abbiate paura! E' il monito che Gesù indirizza agli uomini. Non soltanto per sottrarre la loro vita a un'interpretazione solo moralistica e sanzionatoria della Legge, ma per affermare l'esistenza di un'altra Legge che li autorizza a coltivare il proprio desiderio – la propria vocazione, i propri talenti. È l'eredità fondamentale del messaggio cristiano ripresa dalla psicoanalisi di Freud e Lacan: la parola di Gesù mette in valore una Legge che attraverso il desiderio serve la vita e non la morte. Il tema centrale di questo libro concerne la parola di Gesù, riletta originalmente da Massimo Recalcati come una delle radici inaudite della psicoanalisi dell'ebreo Freud e del cattolico Lacan. Non si tratta di sottomettere la vita alla Legge, ma di vedere nella Legge - quella dell'amore e della grazia - una forza al servizio della vita. La Legge non incute più il timore della punizione severa, non esige più lo zelo scrupoloso del rispetto formale, ma si libera della morte che porta con sé per divenire una Legge che non annulla il desiderio, ma, al contrario, lo sostiene. È questa l'eredità essenziale assunta dalla psicoanalisi: la Legge non è nemica del desiderio, ma il suo fondamento più radicale. I riferimenti alle parabole, ai miracoli, alle guarigioni, a Pietro e a Giuda, alla notte del Getsemani, alla resurrezione e al pensiero di Paolo di Tarso sono rivisitati in modo sorprendente. Qui Recalcati sfida luoghi comuni e stereotipi della lettura psicoanalitica del cristianesimo mostrando con grande audacia come la testimonianza di Gesù sia innanzitutto testimonianza della vita indistruttibile del desiderio.



Massimo Recalcati: una vita devota alla psicoanalisi

Massimo Recalcati è nato il 28 novembre 1959 a Milano, Italia. Cresciuto in una famiglia di floricoltori, ha inizialmente intrapreso studi in floricoltura, ma ha successivamente deciso di seguire la sua passione per la filosofia e la psicoanalisi.

Formazione e carriera

Recalcati ha conseguito la laurea in filosofia nel 1985 presso l'Università degli Studi di Milano, discutendo una tesi intitolata "Desir d'être et Todestrieb. Hypothèse pour un comparaison entre Sartre et Freud". Successivamente, ha completato la sua formazione in psicologia sociale nel 1989 presso la Scuola di Psicologia di Milano.

Dal 1988 al 2007, Recalcati ha svolto la sua formazione analitica tra Milano e Parigi, seguendo la scuola di pensiero di Jacques-Alain Miller. Ha ricoperto diversi incarichi istituzionali, tra cui il ruolo di direttore scientifico nazionale dell'Associazione per lo studio e la ricerca dell'anoressia-bulimia (ABA) dal 1994 al 2002.

Impegno clinico e accademico

Recalcati ha fondato nel 2003, Jonas Onlus, un centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi, di cui è stato presidente fino al 2007. Ha svolto attività di supervisione clinica presso istituzioni sanitarie in diverse città italiane e ha insegnato a contratto presso varie università europee, tra cui Milano, Padova, Urbino, Losanna e Verona.

Attualmente, Recalcati è supervisore clinico presso la Residenza Gruber di Bologna, specializzata nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare gravi. Insegna a contratto presso l'Università di Pavia e la IULM di Milano.

Contributi e pubblicazioni

Recalcati è noto per i suoi numerosi saggi e libri sulla psicoanalisi, tra cui "La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi", edito da Einaudi. Collabora con riviste specializzate e testate giornalistiche di rilievo nazionale, come La Repubblica e Il Manifesto.

Vita privata

Oltre alla sua carriera professionale, Recalcati è anche un appassionato di teatro e musica, e ha partecipato a vari progetti culturali e artistici. Recalcati continua a essere una figura di riferimento nel campo della psicoanalisi, contribuendo alla formazione di nuove generazioni di psicoanalisti e promuovendo una comprensione più profonda della mente umana.


IN ALTRE PAROLE


“Al centro c'è una piccola parola che riassume tutto il messaggio e tutta l'opera di Cristo. Marco la riporta nella lingua stessa in cui Gesù la pronunciò: «effatà», che significa: «apriti». C'è una chiusura interiore, che riguarda il nucleo profondo della persona, quello che la Bibbia chiama il «cuore». E' questo che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. Ecco perché dicevo che questa piccola parola, «effatà - apriti», riassume in sé tutta la missione di Cristo. Egli si è fatto uomo perché l'uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, diventi capace di ascoltare la voce di Dio, la voce dell'Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell'amore, a comunicare con Dio e con gli altri. Per questo motivo la parola e il gesto dell'«effatà» sono stati inseriti nel Rito del Battesimo, come uno dei segni che ne spiegano il significato: il sacerdote, toccando la bocca e le orecchie del neo-battezzato dice: «Effatà», pregando che possa presto ascoltare la Parola di Dio e professare la fede. Mediante il Battesimo, la persona umana inizia, per così dire, a «respirare» lo Spirito Santo, quello che Gesù aveva invocato dal Padre con quel profondo sospiro, per guarire il sordomuto”.

Benedetto XVI



+
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Parola del Signore



Questo passo fa riflettere profondamente sul miracolo compiuto da Gesù nella guarigione del sordomuto, un evento narrato nel Vangelo di Marco. L'atto di guarigione è molto più di una semplice manifestazione di potere divino; è un segno che porta con sé un significato teologico profondo e un messaggio di speranza e rinnovamento.

Miracolo e segno

Il miracolo di guarigione è descritto come un atto di estrema intimità e compassione. Gesù allontana l'uomo dalla folla, creando uno spazio di incontro personale. Il gesto di mettere le dita negli orecchi del sordomuto e toccare la sua lingua con la saliva è simbolico. Questa azione rappresenta l'intervento diretto di Gesù nella vita dell'uomo, aprendo i canali della comunicazione e della relazione con Dio.

La parola e il gesto

Nel miracolo, la parola e il gesto sono inseparabili. Gesù pronuncia il comando "Effatà" - "Apriti!" - che è al tempo stesso un ordine e una preghiera. La parola di Gesù è espressione della volontà del Padre, e il gesto che accompagna la parola ne è il segno visibile. Questa combinazione di parola e azione rappresenta l'unità tra il Padre e il Figlio, che insieme operano per la salvezza e la guarigione dell'umanità.

Lo spirito e la trasformazione

La guarigione del sordomuto è anche un atto di trasformazione spirituale. L'uomo, che non poteva ascoltare né parlare, viene riabilitato non solo fisicamente ma anche spiritualmente. Il dono dello Spirito, che accompagna il miracolo, riapre l'udito e scioglie la lingua dell'uomo, permettendogli di lodare Dio. Questo miracolo diventa una parabola della fede: l'ascolto della Parola di Dio porta alla lode, e la lode è il segno visibile della fede.

Il dono della parola

Gesù raccomanda il silenzio, ma la notizia del miracolo si diffonde. Questo paradosso sottolinea l'incontenibile natura del bene: la gioia e la meraviglia scaturite dalla guarigione non possono essere trattenute. Il miracolo diventa testimonianza della potenza di Dio e del Suo amore per l'umanità, un amore che non conosce confini.

Inclusività del messaggio

Gesù compie questo miracolo in territorio pagano, indicando che i doni di Dio non sono riservati solo a Israele, ma sono destinati a tutte le genti. La guarigione del sordomuto simbolizza l'apertura dell'ascolto e della lode a tutte le nazioni, prefigurando la missione universale della Chiesa.

Il miracolo del sordomuto, così come descritto nel Vangelo di Marco, è un potente richiamo alla necessità di ascoltare la Parola di Dio e di rispondere con la lode. È un invito a riconoscere la presenza trasformante di Dio nella nostra vita e a condividere questa esperienza con gli altri. Questo evento è non solo una guarigione fisica ma una metafora della redenzione e della nuova vita in Cristo.


Nel XV secolo, Roma fu teatro di una scoperta tanto affascinante quanto misteriosa: la tomba di Tullia, figlia dell'oratore romano Marco Tullio Cicerone. La leggenda narra che, durante alcuni scavi lungo la Via Appia, gli operai trovarono una sepoltura che conteneva un corpo perfettamente conservato, come se fosse stato tumulato da poco, e una...

Federico Faggin, il padre del microprocessore e uno dei pionieri dell'intelligenza artificiale, crede che l'intelligenza artificiale (IA) non potrà mai superare l'uomo per una ragione fondamentale: la coscienza umana. Secondo Faggin, la coscienza, il libero arbitrio, il dubbio e i sentimenti sono qualità che non possono essere replicate da una...